Salve a tutt* e bentrovat* in un nuovo
appuntamento dell'Eco del Tolero dedicato a curiosità e approfondimenti sulla
terra Ciociara
Una delle primissime immagini che ogni
ferentinate ha nella memoria e nel cuore è sicuramente quella di Sant’Ambrogio
Martire, raffigurata dalla bellissima statua argentea risalente alle metà del
1600.
Il primo maggio, oltre a rappresentare
la festa internazionale di tutti i lavoratori, per Ferentino è il giorno per
eccellenza, la festa del suo santo protettore Ambrogio, giovane centurione che
si converte alla fede cristiana e, come vuole la tradizione, il 16 agosto del 303
d.C. ucciso per ordine del preside Daciano a Ferentino insieme a 14 compagni, nel
pieno della persecuzione dei cristiani voluta dall’imperatore Diocleziano.
Il coraggio che questo giovane soldato
esprime con la sua fermezza di fede nella nuova religione che mette in
discussione larga parte dell’assetto politico e sociale dell’impero romano,
istituzione che Ambrogio aveva servito con grande onore fino ad ottenere il
titolo di centurione, è esempio formidabile di vita, che infiamma i cuori di
coraggio e determinazione.
Il nome di Ambrogio è indissolubilmente
legato a Ferentino da oltre 1700 anni, e sono a Lui attribuiti tanti miracoli a
difesa della città.
La leggenda che voglio proporvi, si
mescola con la storia e la fede religiosa. Ci troviamo nella metà del IX secolo
nel periodo dell’incursione saracena nel Lazio, che vide il saccheggio di
diversi città e villaggi intorno Roma, e tra i quali anche Ferentino era
contemplata.
La leggenda vuole che i ferentinati,
vedendo il tremendo esercito dei mori avvicinarsi alle mura del paese
provenienti dalla valla ai piedi di Anagni, decisero di mettere in salvo i resti
mortali del loro santo protettore Ambrogio che si trovavano nella chiesa di
sant’Agata, fuori le mura cittadine. Riposte le reliquie nella primitiva chiesa
di Santa Maria Maggiore, il vescovo di allora invitò tutta la popolazione a
chiedere l’intercessione del santo martire affinché li salvasse dall’inevitabile
disfatta.
Ed è proprio in quel momento che Sant’Ambrogio
intervenne, quando i saraceni si trovarono nei pressi delle mura megalitiche,
videro che la città era eccezionalmente fortificata, e da lontano si vedeva il
bagliore di un numero enorme di scudi e di corazze sugli spalti delle mura, e
al loro comando un soldato a cavallo, raggiante e impetuoso che incoraggiava
con la sua folgorante presenza le truppe. Alla vista di tutto questo decisero
di desistere dall’attacco e andare oltre la città verso la vallata di
Frosinone.
Il miracolo era compiuto, ma in maniera
alquanto insolita: le lumache che strisciavano sulle mura e sugli spalti della
città lasciavano la loro bava che alla luce del tramonto, quando il sole cala
verso Roma, cominciò a riflettere la luce e brillare dando l’idea di un
esercito ben armato, e quel soldato che aveva inculcato così tanto timore nel
cuore degli infedeli mori con la sua figura potente era proprio Ambrogio il
centurione.
Grande festa ci fu in paese e il nome di
Ambrogio, che attraverso quelle piccole lumache salvò tante vite, rimase
impresso in maniera indelebile sulle bocche e nel cuore di ogni ferentinate.
Manuel D'Onofri
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