Perdersi nel "Labirinto di Specchi" di Nichel - Intervista a Nicola Aliotta

 

Salve a tutt* e bentrovat* in un nuovo articolo dell’Eco del Tolero!
In questa serie di interviste domenicali l’obiettivo che mi sono prefissata è quello di indagare il meraviglioso mondo editoriale, al fine di conoscerlo meglio e di averne la prospettiva degli stessi protagonisti (lascio qui il link all’intervista scorsa, nel caso vi interessi!).

Oggi ho avuto la possibilità e soprattutto il piacere di fare due chiacchiere con Nichel, pseudonimo di Nicola Aliotta, artista incredibile e persona meravigliosa, versato nel canto da anni (QUI potete ascoltare i suoi lavori), esordiente nel mondo della scrittura (potete seguirlo QUI e QUI) .
“Labirinto di Specchi” è la sua prima opera, una raccolta di poesie illustrata da Cecilia Fefè. Racconta un viaggio intimo ma allo stesso tempo universale nell’animo umano, raccontandone i momenti più oscuri, ma senza mai perdere la speranza della luce.


Nel mondo della musica hai scelto NIXO come nome d’arte, mentre l’opera è firmata come NICHEL. La scelta del nome è sempre una scelta importante: come è arrivato NICHEL?
La scelta di un nome d’arte è sempre importante, è vero. È l’opportunità che abbiamo di presentarci al mondo nel modo in cui più ci sentiamo rappresentati. NIXO è lo pseudonimo che ho scelto per pubblicare le mie canzoni in inglese, ma non ha un significato particolare. Non so bene il perché, ma tutti i miei amici delle elementari mi chiamavano così. Quindi, quando ho deciso di trasferirmi a Londra per inseguire il sogno di farcela nel mondo musicale, ho deciso di riprendere questo nomignolo. Mi ricordava chi sono, da dove vengo. NICHEL, invece, è arrivato dopo. Il Nichel è un metallo di transizione. È duro, duttile, resiste bene al cambiamento, è malleabile. Sono tutte caratteristiche che mi appartengono, o che vorrei mi appartenessero. Questo nome mi ricorda l’importanza di fluire nella vita, di transitare da uno stato all’altro senza farmi troppe domande, piegandomi semplicemente al cambiamento e accettandolo, come succede nella chimica e nella natura delle cose. Un’altra caratteristica del Nichel è l’ottima resistenza alla corrosione. È questa un’altra qualità che spero di fare mia.


. Come è nato il progetto di questo libro?
Questo libro è nato nel silenzio di una stanza in affitto a nord-est di Londra. Nelle notti in cui non riuscivo a dormire e credevo che tutto quello che stavo facendo non avesse alcun senso. Ci sono momenti in cui ci si sente smarriti, persi nel labirinto della vita. E molte delle mie poesie parlano proprio di questo. Non avrei mai pensato di pubblicarle un giorno, perché non sono altro che riflessioni personali e intimi pensieri scritti su un diario. Il progetto è nato proprio così, sulla carta di un vecchio taccuino, nelle notti fredde e insonni di un inverno londinese.

. La pandemia, se lo ha fatto, ha contribuito in qualche modo alla creazione di questo libro?
La pandemia ha contribuito molto alla pubblicazione di questo libro, più che alla sua creazione. Quando è iniziata la prima quarantena, avevo già terminato la prima stesura di tutte le poesie. Il pensiero di poterle pubblicare è nato proprio durante il lockdown. Mi sono reso conto che alcuni degli stati d’animo prevalenti nei pensieri che avevo scritto non mi appartenevano più, ero riuscito a uscire da alcune delle strade del mio labirinto. Ho iniziato, dunque, a sviluppare un certo distacco nei confronti delle mie stesse poesie. Questo mi ha permesso di poterle rileggere con più serenità, e mi sono accorto che, forse, potevano essere utili a chiunque stesse vivendo un periodo di smarrimento e confusione. Ho iniziato allora a inviare il manoscritto a diverse case editrici.

. Qual è stato il percorso che ha portato alla pubblicazione?
Una sera, tornando a casa da uno studio di registrazione, ho ricevuto una mail da parte di quella che, di lì a poco, sarebbe diventata la mia editor, Luciana Luciani. Mi chiedeva se potessimo sentirci al telefono l’indomani per parlare del mio manoscritto. Ovviamente non me l’aspettavo. Avere la certezza che un’altra persona avesse letto le mie poesie e avesse sviluppato un’idea su di esse mi spaventava. Sentivo di essere uscito allo scoperto. Il giorno seguente mi ha chiamato, e ho avuto il piacere di conoscere una grande donna, dall’ineguagliabile sensibilità e profondità. Mi ha detto che era rimasta colpita dal progetto e che avrebbe voluto pubblicarlo per la sua casa editrice, la dei Merangoli. La settimana successiva abbiamo iniziato insieme il lavoro di editing, durante il quale mi ha aiutato a correggere il manoscritto iniziale, dando peso ad ogni singola parola, aggettivo e verbo presenti nei vari componimenti. Dopo aver concluso il lavoro sulle poesie, abbiamo lavorato alla parte grafica insieme a Claudia Bisceglia, che ha seguito tutto il processo di finalizzazione del libro, dall’impaginazione delle illustrazioni alla scelta della carta su cui stampare. Non sarò mai grato abbastanza a tutto il team della dei Merangoli per aver speso così tanto tempo, amore e passione nei confronti del mio lavoro.

. La raccolta si chiama “Labirinto di Specchi”. Come mai hai scelto questo titolo, qual è il messaggio che c’è dietro?
Il Labirinto di Specchi non è altro che il caos delle nostre stanze. Il dedalo di domande, paure, insicurezze in cui tutti, almeno una volta della vita, finiscono per perdersi. Credo che sia difficile trovare la propria strada, il proprio posto nel mondo. Soprattutto quando si è giovani. È come se la vita diventasse un labirinto gigante in cui non riusciamo a trovare una via d’uscita. L’elemento degli specchi simboleggia l’illusorietà di un’immagine riflessa, a cui spesso diamo troppe attenzioni. Io stesso, ammetto di aver preferito più volte la pesantezza di una maschera alla leggerezza dell’essere. Forse per paura di mostrare chi sono davvero. Il labirinto di cui parlo è quindi un labirinto interiore, un luogo ingannevole in cui è difficile riconoscere e condividere con gli altri la propria vera essenza, la propria autenticità. Quante volte ci guardiamo allo specchio e iniziamo a perderci nelle strade dei nostri labirinti? Quante volte non riusciamo ad apprezzare il nostro riflesso? Spesso è più facile smarrirsi nelle nostre strade interne piuttosto che imparare ad amarsi. Il messaggio del libro credo che sia proprio questo: imparare a trasformare il caos del nostro labirinto interiore in un posto in cui sentirci al sicuro.

. Le illustrazioni sono una parte fondamentale dell’opera, accompagnano e completano ogni poesia regalando al lettore un immaginario molto suggestivo. Come è stata la collaborazione con Cecilia Fefè?
Cecilia Fefè è l’unica persona a cui avrei potuto affidare le mie poesie. È stata la prima a leggerle, la prima a “vederle” davvero. Conosco Cecilia da una vita intera, è un’amica preziosa. Non sento mai la necessità di doverle spiegare le cose, lei le capisce e basta. Le sente. E ha sentito subito queste poesie, rendendole visibili, tracciando i contorni del mio labirinto affinché diventasse anche il vostro. La sua visione ha arricchito così tanto l’intero progetto che al momento mi è impossibile pensare alle poesie senza il loro corrispettivo in immagine.

. Avendo fatto gli stessi studi classici al liceo, ho notato diversi riferimenti alla mitologia e alla lirica greca. Qual è ad oggi il tuo rapporto con la cultura classica?
La cultura classica è molto presente in questo libro. Spesso ho preso ispirazione dalla mitologia greca, infatti, come nel caso della poesia “Minotauro”. Studiare gli antichi miti e la letteratura classica in generale mi ha aiutato a sviluppare una prospettiva diversa di vedere il mondo, una consapevolezza maggiore della mia storia e del mio passato. Il Liceo Classico spesso viene criticato e considerato inutile, ma mi sento in dovere di difendere il suo immenso valore. Personalmente, frequentare una scuola del genere mi ha permesso di scoprire me stesso, mi ha insegnato ad apprezzare la bellezza in una poesia, a riconoscere l’eternità in un’opera d’arte, a scavare sempre più in fondo andando al nucleo delle cose senza rimanere in superficie.

. Ho notato, tra i vari temi, essere ricorrente anche quello della Voce, l’importanza delle Parole. Cos’è per te la Voce?
Per me la Voce è tutto. Quando parliamo o cantiamo, affermiamo la nostra presenza nel mondo. Viaggiamo al di fuori di noi stessi, espandendoci fino a riempire lo spazio che ci circonda. Fluiamo oltre i nostri confini carnali e arriviamo lì dove le nostre mani non possono toccare.



. C’è una poesia che ti è rimasta più delle altre, magari per le sensazioni che hai provato scrivendo o per quello che significa?
Sì, si tratta della poesia “Il mio giardino”. In questa poesia ho voluto catturare il momento in cui ho realizzato l’importanza di credere sempre in qualcosa, l’importanza di non perdere mai la speranza.

. Quali sono gli autori che più ti hanno influenzato?
Non credo di essere mai stato influenzato da autori in particolare. I miei riferimenti principali nell’ambito della poesia, comunque, sono Alda Merini ed Emily Dickinson. Murakami, invece, è tra gli autori che amo di più per quanto riguarda la narrativa. Ho cercato, forse, di ispirarmi alle sue atmosfere oniriche in alcune delle mie poesie. In altre, invece, ho preso ispirazione dalle tinte decadenti, gotiche e malinconiche presenti nei film e nei libri di Tim Burton.

. Venendo dal mondo della musica, quanto è diverso, se lo è, scrivere canzoni e poesie?
Scrivere poesie è una cosa completamente diversa rispetto allo scrivere canzoni. Quando scrivo il testo di un pezzo, so già che avrà poi un rivestimento melodico. Inoltre, mi immagino subito un pubblico pronto ad accogliere quel brano. La scrittura delle poesie, invece, è per me un qualcosa di molto più intimo. Nasce tra le pagine di un diario personale, dalla voglia di vedere una penna che danza su un foglio di carta e scoprire che succede. Nella poesia non ci sono scuse, non hai una melodia a supporto delle tue parole. I versi emergono nella loro nudità e non puoi nascondere in alcun modo la potenza della loro verità, che spesso finisce con il travolgere anche te che li hai scritti.

. Qual è il tuo processo creativo?
Non ho un vero e proprio processo creativo. Lascio che sia il flusso a guidarmi, se c’è. E quando arriva, mi abbandono totalmente alle sue onde e non oppongo resistenza.

. Dopo aver letto la tua raccolta, ho una domanda che mi preme particolarmente: hai un altro libro nel cassetto?
Ho una storia in mente che vorrei raccontare. Non sotto forma di poesia, stavolta. Ma è ancora tutto così prematuro per parlarne! Sto scrivendo tanta musica e tante canzoni in italiano, però. Non vedo l’ora di pubblicarle e di farvi conoscere l’altro lato di NICHEL, quello musicale.

. Cosa auguri al lettore delle tue poesie?
Gli auguro di perdersi all’interno del suo Labirinto. Smarrirsi è normale, è necessario, va bene. È l’unico modo che abbiamo per scoprire chi siamo, per imparare cose nuove, per crescere, credo. Lasciate che siano le vostre gambe a guidarvi. Sperimentate, cambiate strada, esplorate tutte le vie del vostro labirinto. Penso che sia l’unico modo che abbiamo per sentirci davvero vivi.

 


Io non posso che ringraziare nuovamente Nicola per aver risposto alle mie domande, per essersi aperto.
Qualche giorno prima dell’uscita del libro abbiamo avuto modo di risentirci dopo tempo, ed essere coinvolta nel suo entusiasmo e nella sua gioia, ma anche nelle sue apprensioni e ansie, è stato davvero un onore.
Cliccando QUI potrete accedere direttamente al link d’acquisto al libro, per perdervi e poi ritrovarvi nel Labirinto di Specchi.

-Giorgia

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